C’è un proverbio africano che dice “puoi alzarti molto presto all’alba, ma il tuo destino si è alzato prima di te”, la mia storia sembra fatta proprio di destini che si intrecciano anche se per lunghi anni non c’è stata alcuna congiunzione almeno in apparenza.
Sono nata in una cittadina del nord Italia da madre che non consente di essere nominata, detta così sembra una cosa molto triste, in parte lo potrebbe essere ma come si dice, la vita toglie e la vita dà e difatti ad attendermi carica di emozioni e aspettative c’era una giovane coppia, quelli che sarebbe stati per sempre i miei genitori adottivi. Papà e mamma sono venuti a prendermi in un pomeriggio assolato di inizio estate di quarantatré anni fa, avevo pochi mesi ma già avevo capito che quelle mani amorevoli che mi stringevano erano piene d’amore. Arrivai in un paesello , in una villetta bianca, perché se Anna dai capelli rossi era approdata al tetto verde per me era toccata una deliziosa casetta bianca, varcato il cancello per me è iniziata la vita, perché se è vero che i genitori biologici ti donano la vita è ancora più vero che i genitori adottivi ti aiutano a darle un senso con la loro presenza e il loro amore ti guidano verso il futuro, ti insegnano a vivere.
Quando iniziai la scuola elementare i miei genitori per timore che i miei compagni di classe mi dicessero che ero figlia adottiva decisero di dirmelo loro, mamma mi disse che non ero nata dalla sua pancia ma dal suo cuore, la mia “mamma di pancia” non aveva potuto tenermi e quindi mi aveva dato in adozione e loro erano stati felicissimi di diventare i miei genitori, non ne feci un dramma, anzi ebbi la certezza di avere due mamme che mi amavano. Crescendo ho sempre rivolto un pensiero alla mia mamma biologica, soprattutto nel giorno del mio compleanno e della Festa della Mamma, mi chiedevo se anche lei in quelle occasioni mi pensava. La vita trascorreva in modo sereno, avevo la mia realtà fatta di affetti, scuola, amici, i primi amori, poi mi sposai e diventai mamma di due splendidi bimbi e in quel momento si fece prepotente dentro di me il desiderio di sapere chi mi avesse donato la vita, i mei genitori mi dissero quel poco che sapevano e le istituzioni non erano ancora pronte a svelare certi segreti. Nel frattempo diventai mamma per la seconda volta, avevo la mia bella famiglia e vari impegni legati alla crescita dei miei bambini, con l’arrivo degli anni duemila anche il mondo iniziò a cambiare velocemente e la tecnologia prese il sopravvento, con l’arrivo dei primi social network scoprì che molti figli adottivi erano nella mia situazione, non sapevamo chi ci avesse dato la vita, così pian piano si creò un comitato per la ricerca delle origini biologiche, attorno iniziarono a gravitare oltre che ai figli adottivi degli psicologi, sociologi e avvocati, iniziarono i primi dibattiti in televisione. Il comitato crebbe e si fece portavoce verso i nostri politici perché questa assurda legge che non ci permetteva di conoscere le nostre origini fosse cambiata, la legge prevedeva che fino al compimento dei 100 anni del nascituro dato in adozione non si potesse entrare in possesso dei dati della madre biologica da qui nacque il gruppo chiamato la “punizione dei 100 anni”. Approdammo nel 2005 alla Camera e lì il DDL si arrestò, ma grazie ad una donna molto coraggiosa che arrivò in Cassazione con una sentenza a Sezione Unite finalmente anche i tribunali italiani avevano il dovere di aprire gli archivi degli ex orfanotrofi. Nel 2006 feci la mia prima istanza al tribunale di Trento che fu rigettata perché a parer loro non era una cosa ammissibile, ma io non mi persi d’animo e ne feci un’altra nel 2016, venne accolta ma non andò a buon fine in quanto il tribunale non trovava il mio fascicolo con apposto il nome della mia mamma biologica, dopo il primo momento di scoramento non mi persi d’animo e decisi di rivolgermi ad un legale, la dottoressa Martina Gaiardo che dopo avermi ascoltata decise ci prendere in mano la mia pratica e nel giugno del 2018 ripresentammo istanza presso il tribunale di Trento, il mio avvocato incluse quelle poche informazioni che avevo nel momento della mia nascita tra le quali il numero dell’estratto della mia cartella clinica, passò l’estate e anche il 2018 se ne andò senza novità, intanto io continuavo tramite il comitato ad apprendere che qualche figlio adottivo aveva avuto il nome della mamma biologica .
Il 15 gennaio del 2019 venni convocata nello studio del mio avvocato che mi comunicò con grande emozione che la mia mamma biologica era viva e che nei prossimi giorni sarebbe stata contattata dei servizi sociali della sua zona. Il mio stupore fu grande in quanto le mie indagini personali mi avevano fatto capire che poteva essere deceduta, naturalmente dopo il primo momento di incredulità fui molto felice. Il tempo però passava senza sapere se la mia mamma naturale aveva deciso di incontrarmi, verso aprile al mio avvocato venne detto che la donna interpellata chiedeva del tempo. Naturalmente la mia ansia cresceva anche se il mio cuore mi diceva che se avesse avuto bisogno di tempo probabilmente avrebbe voluto rivedermi. Passò l’estate e fu un periodo pieno di emozioni altalenanti, sentivo che a settembre qualcosa sarebbe cambiato per sempre nella mia vita non sapevo se in modo positivo ma sentivo che ormai il tribunale avrebbe voluto una risposta a quell’interpello e difatti il 26 settembre venni convocata insieme al mio avvocato presso il tribunale di Trento e ci trovammo al cospetto di una giovane giudice non togata che emanava empatia e positività, il colloquio andò bene e due giorni dopo il mio avvocato mi telefonò con la voce rotta dall’emozione e mi comunicò quello che per tutta la vita avevo atteso e cioè che la mia mamma biologica aveva tolto l’anonimato e aveva deciso di riabbracciarmi.
Il 9 ottobre insieme all’assistente sociale che aveva aiutato la mia mamma naturale a dirmi di “si” incontrai la donna che mi diede la vita quarantatré anni prima, mi venne incontro con in mano un mazzo di rose bianche e abbracciandomi mi disse che non mi aveva mai dimenticata e che ogni giorno il suo pensiero era per me, scoprii così di avere un fratello più piccolo e una sorella più grande purtroppo deceduta in un tragico incidente quando aveva appena 18 anni. Non passò molto tempo che conobbi mio fratello con il quale fin da subito nacque un sentimento pieno di affetto e voglia di condividere le nostre vite, sono anche zia di due splendidi bambini ed ho una cognata che fin da subito mi ha accolta con calore. Se sono arrivata al lieto fine di questa vicenda lo devo al mio avvocato perché lei ha creduto nella mia causa, Martina mi ha sostenuta, supportata e sopportata nei momenti di scoraggiamento, è stata al mio fianco con un’empatia e partecipazione che mi ha commossa. Ho avuto la fortuna di avere accanto un marito che mi ha capito dal momento che ho iniziato questo percorso e lo stesso vale per i miei figli, la mia famiglia ha gioito con me. La cosa straordinaria però è stata quando poche settimane fa la mia mamma biologica ha incontrato la mia mamma adottiva, si sono abbracciate e piangendo si sono ringraziate a vicenda…io credo che l’apoteosi sia vedere come due amori così diversi riescano a confluire verso una persona sola , questo è il vero senso dell’adozione, l’Amore per un figlio.
Emanuela